A me non piace mai fare post di ringraziamento, la reputo una cosa tremendamente autoreferenziale, che non dà nessun valore a chi legge. Quindi mi limiterò a dire “grazie” a chi c’è stato e a chi mi ha sostenuto in questo periodo per me faticosissimo: tu già sai.
Mi interessa invece raccontare cosa mi ha lasciato questa due giorni, ed ecco qui.
La timidezza si può superare
Che, ok, è una cosa che già sapevo, ma ci tengo sempre a ribadirla a chi mi legge. So che tra tanti dei miei lettori si celano dei timidi cronici come me e quindi ora parlo a te, che hai appena abbassato lo sguardo pensando che non ti sgamassi.
Essere timidi ci costringe a guardarci dentro per capire chi siamo, senza menzogne. Sconfiggere la timidezza è un lavoro che richiede tempo, coraggio e tanta determinazione. Occorre anche una buona dose di fiducia in sé stessi ed è forse la cosa più difficile da tirar fuori.
Negli anni ho letto un sacco di libri sulla timidezza e sul “parlare in pubblico”: nessuno di questi ha una formula miracolosa in grado di farci salire su un palco e farci parlare come se fossimo le persone più socievoli ed estroverse di questo mondo.
Non esiste, mi spiace deluderti.
C’è solo una cosa da fare, l’unica: buttarti. Se ora davanti agli occhi mi si materializzasse la me quindicenne timida ed impacciata di un tempo e potessi raccontarle dove è arrivata, sono certa che mi riderebbe in faccia.
Di fatto, io ho capito che l’unico modo per sconfiggere la mia timidezza è sfidarla ogni volta che mi dice “ehi, io sono qui e tu quella cosa non la puoi fare”.
La timidezza, ma in generale qualsiasi limite che la tua mente ti ha imposto, non può e non deve diventare la scusa che ti allontana dalla realizzazione dei tuoi sogni.
Per me è stato così, con questo workshop: ho scoperto Open quasi per caso e mi è piaciuto subito. Questa cosa del workshop mi frullava in testa da tempo e quando ho letto delle iniziative organizzate con i blogger da Open, mi sono fatta coraggio e ho scritto loro una mail.
Mi sono data una possibilità. Avrebbero potuto dirmi che la mia idea non gli interessava, che il mio blog è troppo di nicchia o che io sono troppo poco conosciuta per ospitarmi da loro.
Avrebbero potuto, ma anche no.
Ho scritto loro comunque, ci siamo incontrati, abbiamo parlato ed io ho scritto loro lunghissime email su quella che era la mia idea (non sarò bravissima agli incontri, ma come scrivo le email io, nessuno mai). Hanno accettato il mio corso, il week end è arrivato e si è concluso alla grande, con tutti felici (io, gli organizzatori di Open, le partecipanti).
Quindi, se io mi sono data una possibilità e ce l’ho fatta, perché non provi anche tu?
L’esercizio: prendi un foglio di carta e scrivici sopra tutto ciò che ti dici per autosabotarti e che separa dalla realizzazione di un tuo sogno. “Sono timida”, “Non ce la faccio”, “Non ho abbastanza esperienza”, “Ho paura di sbagliare”. Poi barra tutte le frasi con un altro colore e, accanto a quel foglio, affiancane un altro con scritto (scegli un bel colore, che ti faccia stare bene): “Con impegno, sacrificio e determinazione, realizzo il mio sogno”.
Non usare il futuro realizzerò, usa il presente realizzo, perché tu inizierai da subito.
Appendili entrambi al muro, di fronte al tuo computer e poi dacci dentro.
Mi piacciono i gruppi piccoli
A workshop c’erano sette partecipanti. Dirai, come hanno detto altri: sono pochi! Ecco, a me questa cosa un po’ agitava e un po’ non capivo la necessità di fare numero. Considerando i corsi, i workshop o le conferenze che riempiono intere manifestazioni, sette è un numero davvero piccolo. Poi ho preso consapevolezza che meno persone avrebbero partecipato al mio evento e meglio sarebbe stato. No, non sono impazzita e questa non è nemmeno una scusa dettata dalla mia timidezza.
Avere poche persone con cui relazionarti per così tanto tempo (una due giorni in cui ero l’unica relatrice) ti obbliga al confronto. C’è un sacco di tempo per rispondere alle domande e ai dubbi che sorgono, l’imprevisto è una cosa che accetti naturalmente, il che ti porta a chiederti se saprai rispondere a tutto quello che ti chiederanno. Questa consapevolezza per fortuna era ed è forte in me (non per tirarmela, eh…) e ciò mi ha permesso di realizzare esattamente ciò che avevo in mente: un corso che non voleva essere una lezione frontale in cui io parlo, parlo, parlo, seduta sul mio piedistallo, dall’alto della mia esperienza (rido), ma un’occasione di confronto per me e per chi ha partecipato.
Il mio desiderio è stato quello di:
- fornire nozioni, informazioni e spunti che i partecipanti potessero far loro e potessero mettere da subito in pratica;
- creare una tavola rotonda su cui disporre al centro dubbi, perplessità, problemi da risolvere tutti insieme, in gruppo.
Ne è nata quindi quella che a me piace chiamare una chiacchiera formativa: ci siamo confrontate a lungo su cos’è il design e come riuscire a valorizzare chi siamo e ciò che facciamo attraverso il nostro blog. Inoltre abbiamo parlato a lungo di blogging, un’area che mi sono accorta essere ancora piuttosto fumosa ed indefinita per i miei partecipanti.
Ora, da questa bellissima esperienza nasceranno alcuni progetti collaterali, tra cui un’ebook: incrocia le dita per me, perché io trovi il tempo necessario per fare un buon lavoro.
Ci si briscola!
Ad oggi, ti senti di poter dire di aver battuto la timidezza per sempre oppure ci convivi ancora?
Insomma è qualcosa di persistente con la quale dobbiamo imparare a convivere o il timido può uscirne alla lunga?
In che occasione ti sei “buttata” per la prima volta?
E’ stato all’improvviso oppure hai fatto le cose gradualmente?
Grazie.
Ci convivo ogni giorno, sì. Non mi dispiace, se non ci fosse più non sarei io. Fa parte di me, ho imparato a conviverci e a farne un punto di forza.
Non posso dirti ci sia una formula che va bene per tutti, non so se si può “guarire”, so che si può senza dubbio migliorare tantissimo.
Per me è stato un percorso graduale, che va avanti da almeno 15 anni. Considera che per me la timidezza è esplosa, come spesso accade, durante l’adolescenza e la cosa era evidente ed imbarazzante soprattutto a scuola. Dover, per forza di cose, relazionarmi con tutta quella gente per me era una violenza inaudita. Ho analizzato cosa scatenava il mio star male e quando ho capito che le persone non erano tutte lì a giudicare ciò che dicevo o facevo, ho iniziato lentamente a vedere “la luce”.
Pensala come a un videogioco: la prima volta che ti butti quell’ostacolo ti pare insormontabile, poi con il passare del tempo gli ostacoli (o i livelli) si fanno sempre più difficili, ma la soddisfazione è sempre più grande. Il buttarsi dei miei 15 anni non è certo come quello di adesso, alla soglia dei 30! 😀
Grande, e grazie per i consigli sulla timidezza! In fondo sono poi gli stessi discorsi autosabotanti che ci si fa quando si soffre di attacchi di panico. Tutte scuse! Poi quando affronti la cosa e ci riesci hai una scarica di adrenalina positiva che vorresti farlo e rifarlo, altroché lanciarsi con il paracadute! Queste sono emozioni forti!!! 😀
Hai centrato il senso del mio discorso, grazie! 🙂
grazie a te, continuiamo a buttarci insieme!! 😀