Vita da freelance

Un post per gente comune

Un post per gente comune

Volevo scrivere uno dei quei bei post fighi e ispirazionali, sui giovani e sul diventare freelance, e invece no; il destino vuole che mi ritrovi qui a scrivere di tutt’altro, perché non ce la faccio più: sarà l’inverno che ciclicamente torna a regalarmi – come ogni anno – istinti omicidi verso il prossimo, sarà che sto invecchiando male (ma non sono mai stata giovane, quindi meh), non lo so, comunque eccoci qua: tu, io e Facebook.

Qualche settimana fa Diegoli ha pubblicato un bel post intitolato “Odio tutti“, in cui parla di aziende – piccole e grandi – e del loro rapporto con i social network e i clienti. Parla soprattutto di questi ultimi e quindi anche di te, bello mio.

Cito:

E invece alla gente comune piace lo storytelling più creativo, il complotto, lo SVEGLIA! FATE GIRARE!, che di solito è già stato trattato nell’Antibufala di Attivissimo, ma che nessuno si preoccupa di controllare prima di — appunto — fare girare.

 

Quando sono arrivata alla fine della lettura di questo post mi sono detta “bravo cacchio, allora non sono l’unica a pensarla così, l’unica con il disagio perenne” e l’ho condiviso su Facebook.

Cosa è successo? Le persone che avevano messo Like alla mia condivisione e che quindi presumo abbiano letto il post di Diegoli, una manciata di ore dopo se ne stavano a condividere bufale su Facebook.

Ignoranza e mancanza di curiosità

Il modo in cui le persone usano Facebook deriva da come scelgono di vivere la loro vita e dalla curiosità che hanno verso quest’ultima. Il “L’ho sentito dire da…“, o il “L’ha detto la TV“, sono frasi da cui sono sempre fuggita a gambe levate ma che – mi piaccia o meno – riflettono il modo in cui le persone vivono e usano Facebook.

Una persona poco curiosa, difficilmente diventerà curiosa su Facebook.

Un caso reale: il post su Meryl Streep

Una manciata di giorni fa una bufala (ben architettata, lo ammetto) l’ho condivisa anch’io. Mi sono detta: “se ci casco io che sono sempre ultra attenta, allora c’è qualcosa che non va”.

Spiegone: mi sveglio e come ogni mattina, la prima cosa che faccio ancora nel letto è prendere lo smartphone e leggere le mail, Twitter e Facebook. Su quest’ultimo trovo questo post bellissimo e lo condivido.

Meryl Streep fake facebook

Alla sera torno a guardare il mio profilo e scopro che la pagina non si chiama più “Meryl L. Streep” ma “Meryl L. Streep FanPage”. Qui mi scatta l’allarme e mi dico che va bene che ero addormentata, ma sono sicura che la pagina non si chiamasse così. Inizio a fare qualche ricerca su Google e scopro che:

  • il nome della pagina era stato cambiato;
  • la storia raccontata nel post è vera, ma la foto non si riferisce a quell’avvenimento, è stata scattata infatti anni dopo;
  • Meryl Streep è stata candidata a 18 premi Oscar (chiamati per l’appunto Academy Awards), ma di Oscar ne ha vinti solo 3 (DiCaprio caro, c’è ancora speranza per noi! ❤️);
  • Meryl Streep non ha una Pagina Facebook!

Cosa possiamo imparare insieme da questa lezione:

  • a controllare sempre le fonti, soprattutto se la notizia arriva da un social network (Google è uno strumento bellissimo ed è gratis, perché non usarlo?);
  • a non condividere nulla su Facebook prima delle 10:00. 😉

Insegnare ai ragazzi a usare le tecnologie digitali

Chiudo con una provocazione, un pensiero che so bene essere utopico. Forse se facciamo così tanta fatica a capire ciò che è vero da ciò che è falso sui social network è perché nessuno ci ha mai insegnato a usarli. Prova a pensarci: da piccolo ti dicono che devi camminare sulle strisce pedonali se vuoi attraversare la strada e non venire investito, e te lo insegnano durante le lezioni di educazione civica.
Perché non esistono lezioni che insegnino ai ragazzi come si fa una ricerca su Google? Perché non ci sono professori o maestri che spieghino a mio figlio che può vivere la dimensione dei social network in serenità, impostando privacy adeguate a seconda dei contenuti che condivide? Facebook pare crederci già, come dimostra qui: Insegnare ai ragazzi a usare le tecnologie digitali.
Perché non gli si insegna a porsi delle domande, ma soprattutto ad usare la rete come strumento per trovare le risposte?

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